Kobe Bean Bryant
Budrio
20 dicembre 2005, Staples Center in Los Angeles
Alla corte dei Lakers targati Kobe Bryant, arrivano i Dallas Mavericks di Dirk Nowitzki (futuri finalisti NBA della stagione).
I Lakers sono reduci da una sconfitta contro i Rockets (76-74) di cui
Il Mamba si disse frustrato e pronto a portare la squadra alla vittoria a
qualunque costo.
Dei primi 21 punti della squadra, 15 portano la
firma di Kobe che chiuderà il primo tempo con uno score di 32 punti con
11/18 dal campo e 2/4 dall’arco.
Terzo quarto. Phil Jackson: “Nella
mia carriera ho visto tante prestazioni da 60 punti, nessuna si è mai
concretizzata al termine del terzo quarto, il suo terzo quarto è stato
incredibile”.
Ebbene sì Kobe nel solo terzo quarto segna la bellezza di 30 punti per un totale di 62 in soli tre tempi di gioco.
Il canestro del 57-78 spiega totalmente la direzione in cui è andata la
partita fino a quel momento. Nowitzki sbaglia, Bryant, nonostante i tre
quarti giocati, sale in cielo e fa suo il rimbalzo, vola in qualcosa
come 4 secondi dalla parte opposta del campo, terzo tempo, passando in
mezzo a Daniels e Nowitzki, appoggio al tabellone in reverse.
Mavs
annichiliti, Avery Johnson a fine partita: “semplicemente non avevamo
contro misure adeguate; abbiamo provato raddoppi, marcatura a zona e
marcatura a uomo con ogni membro del back court. Non è servito niente”.
La gara finirà 90-112 in favore dei gialloviola, con il Mamba seduto in
panchina per l’intero ultimo quarto. Al suo rientro in panchina al
termine del terzo quarto Kobe porta la mano all’orecchio per sentire il
suo nome acclamato dal pubblico di quella che è diventata a tutti gli
effetti la sua seconda casa. Nel caos portato dalla folla in delirio,
Brian Shaw, ex giocatore lacustre e assistente del coach, gli si
avvicina e gli chiede se volesse entrare nell’ultimo periodo per
arrivare a 70.
La risposta di Bryant lascia di stucco Shaw, Jackson,
l’intero roster, lo staff, il pubblico e chiunque abbia letto negli
anni successivi questa storia.
“Naaah, magari la prossima volta, quando servirà davvero, per oggi va bene così”.
22 gennaio 2006, Staples Center in Los Angeles
I Lakers, reduci da due sconfitte consecutive contro Kings e Suns, ospitano i Toronto Raptors.
Nelle ultime 12 partite ha una media di 40.6 punti ma l’ultima volta
che ha affrontato i Raptors il suo tabellina segnava solo 11 punti.
Kobe fino al riscaldamento si sente le ginocchia rigide, gli fanno male e in generale non si sente bene.
Nel riscaldamento, però, succede qualcosa, scatta quella scintilla di
orgoglio che caratterizza solo i migliori. I tiri pre partita entrano, i
movimenti pian piano diventano più fluidi e i muscoli si sciolgono.
Kobe è pronto a giocare. Il Mamba è pronto a mordere la preda. È pronto a vincere.
Charlie Villanueva, al tempo PF di Toronto, rivela su The Player
Tribune: “Il 5 dicembre 2005, fu la mia prima partita contro Bryant e
lui segnò solo 11 punti. Il nostro piano infatti era quello di contenere
lui facendoci battere dai suoi compagni. Strategia sbagliata, poichè
Kobe capendo le nostre intenzioni ha coinvolto di più la squadra ed è
riuscito a portarla alla vittoria. Così ci presentammo il 22 gennaio
2006, intenti ad attuare la strategia opposta. Lasciare che Kobe facesse
di testa sua, limitando gli altri”.
Il primo tempo vede i Raptors
chiudere in vantaggio 63-49 con ottime percentuali al tiro, al contrario
i Lakers sembrano davvero scombussolati, fatta eccezione per Kobe che
entra negli spogliatoi con già 26 punti.
Al suono della sirena i Lakers tornano in campo e Kobe non parla, sembra in una sorta di trance, pronto per ricominciare.
Odom: “Ed è lì che capisci che le cose stanno andando male”.
La gara riparte come era finita, i Raptors segnano e toccano il +18 grazie alla tripla di Bonner.
E quando tocchi il fondo, quando tutto va male, quando non sai più come
uscire dal tunnel che vedi chi è davvero il miglior giocatore del mondo
in quel momento.
I Lakers non girano e Kobe non ci sta. Decide che è giunto il momento di mantenere la promessa fatta a Shaw un mese prima.
Inizia lo spettacolo.
Mid-range, long two, triple in transizione, triple catch and shoot,
isolamenti, palleggio arresto tiro sulla linea di fondo, post, fade
away, pump fake, penetrazioni, attacchi al ferro, Bryant mostra tutto il
suo repertorio, segna 16 punti consecutivi e decide di chiudere il
terzo quarto segnando 27 punti per un totale di 53 con un +6 che smuove i
Lakers e fa vacillare le certezze di Toronto.
Ultimo quarto.
I Lakers difendono alti, Kobe è una macchina da punti ma i Raptors sembrano non mollare la presa.
Arrivano i punti 71-72 (solo di Kobe ovviamente) che fiondano il Mamba
in cima all’olimpo dei Lakers per la miglior singola prestazione ai
punti. Baylor si fermò a 70.
Bryant non ne ha abbastanza, non è
stanco e nemmeno sazio, i Raptors ci provano ma ad ogni morso del Mamba
sembrano sempre più intimoriti.
1:47 alla fine.
102-120 Lakers.
79 punti.
Superato Wilt come seconda miglior prestazione di sempre per punti.
43 secondi al termine.
Altri due liberi. 80 e 81 punti.
102-122 Lakers.
04.2 secondi sul cronometro. È il suo momento. Phil Jackson richiama
Bryant in panchina. È standing ovation. Lo Staples è letteralmente
infuocato. Sul mega schermo viene celebrato l’ingresso nella storia
dello sport del nativo di Philadelphia.
La partita terminerà
104-122. I punti di Kobe 81 in tutta la partita, 55 solo nel secondo
tempo. 28/46 dal campo, 7/13 da tre e 18/20 ai liberi.
Il 22
gennaio di 14 anni fa, Kobe Bryant dava una delle sue migliori
motivazioni per essere considerato tra i migliori si sempre.
Successivamente commenterà la partita così: “Potevano essere di più, ho
sbagliato due liberi e alcuni tiri aperti o di facile conclusione. Alla
fine abbiamo vinto e l’importante è quello”.
Signore e signori,
KOBE BEAN BRYANT